di Roberta Ghetti.

A distanza di anni, quando ci ritroviamo con i Trofeisti, ci ridiamo su e con i protagonisti di questa storia ci siamo chiariti, quindi nessun ‘scheletro nell’armadio’ o tentativo di rivalsa.

Dunque il Rally di Sanremo del 1980. In quell’anno Fulvio Zini aveva vinto la prima gara il Targa Florio in Sicilia, Vittorio Caneva aveva fatto suo il Costa Smeralda e Michele Cinotto aveva registrato un filotto di ben quattro vittorie consecutive all’Elba, 4 Regioni, Il Ciocco e Colline di Romagna. Il titolo quindi del Trofeo A 112 di quell’anno, pur se non ancora definitivamente assegnato, aveva già preso una ‘bella piega’ verso Cinotto. Il Rally di Sanremo era una delle tre ultime gare che potevano decidere mateticamente il titolo. Qualcuno però come Vittorio Caneva, nell’occasione affiancato da Roberta Ghetti, voleva a tutti costi rimandare l’assegnazione del titolo e tentare per lo meno di giocare le proprie residue carte. Si parte subito con la P.s. di San Romolo con Caneva primo con il tempo di 29’46”, a 2” secondi Zini, a 3” Cinotto. Questi i distacchi minimi dopo mezz’ora di prova speciale e questo la dice lunga di quanto c’era da battagliare nel Trofeo per emergere. Sul Colle d’Oggia Caneva allunga decisamente e rifila 25” a Cinotto, 33” a Zini e 45” a Lupidi.  Alla P.s. di Ponte dei Passi Cinotto si riprende 1” su Caneva. Sul secondo passaggio di Colle d’Oggia Caneva con un mezzo miracolo, o di pazzia se volete…, affibia ben 32” a Cinotto, 54” a Lupidi e un minuto intero a Zini. Interessante sarebbe sapere cosa ci trovasse Vittorio in quella P.s. dove rifilava così tanti secondi agli avversari. A questo punto il vantaggio su Michele Cinotto è di 59” quando mancano due P.s. alla fine. Si arriva sul ‘luogo del delitto’ e cioè al controllo orario che precede il secondo passaggio sulla P.s. di Ponte dei Passi.  Scena del crimine: il primo equipaggio dell’ultima tappa del rally di Sanremo era partito 31 minuti dopo mezzanotte per cui per i Trofeisti significava correre per tre quarti di gara di notte. Certamente di grande fascino, ma sicuramente pesante dal punto di vista fisico, ma questi erano i rally degli anni ’80. Neanche il clima atmosferico aiutava in questo caso: pioggia a catinelle! Per la scelta delle gomme invece non c’era alcun problema in quanto per il Trofeo era obbligo la “momogomma intermedia”, asciutto o bagnato che fosse, e in fondo le Kleber non erano poi così male per entrambe le situazioni. Ovviamente venivamo da una situazione già precaria a causa della pioggia: vetri auto appannati, tipico in queste situazioni non solo per le 112, quaderni delle note e tabella di marcia imbucati da qualche parte affinché non prendessero la pioggia con risultati negativi facilmente prevedibili, notte fonda, etc. I cronometristi, dato l’inclemenza del tempo, si erano attrezzati con tanto di roulotte e noi ci si doveva affacciare ad una piccola finestra per consegnare la tabella di marcia per farsela timbrare. Situazione quindi perfetta per affondare ‘la lama del delitto’. Mi avvicino alla roulotte con tanto di ombrello, stava diluviando…., convinta di essere già nel mio minuto, fra l’altro c’erano molte auto dei “grandi” in ritardo, quindi arrivo piuttosto affannata e trovo davanti al finestrino Il mio amico/collega Guido Novaro che mi apostrofa: “Ehi aspetta il tuo turno!”. Ovviamente penso che mi ero sbagliata e così aspetto che lui se ne vada, vedo scattare il successivo minuto e consegno la tabella. Sigh!!! Non ci metto molto a capire quel che è successo: il collega aveva timbrato al cinquantanovesimo secondo del suo minuto traendomi in inganno.  La stanchezza, il buio, la pioggia, la tensione o chissà cosa altro, fatto sta che l’errore è mio. Salgo sulla A 112 e informo ovviamente Vittorio Caneva dell’accaduto con la morte nel cuore per quanto ero dispiaciuta della mia ingenuità, pronta a sentirle, e ne avrebbe avuto decisamente tutte le sante ragioni. Invece non lo fa, ma affiancando all’auto di Michele Cinotto gli grida: “Tanto quel minuto te lo riprendo alla prossima prova!!”   Così invece non è andata perché nella P.s. di Ponte dei Passi, quando stavamo letteralmente volando, Vittorio stringe un pelo di troppo e tocchiamo un paletto che sarà fatale alla nostra gara.

Non ho mai dimenticato quell’episodio e quanto fossi dispiaciuta per l’accaduto, forse non lo dissi abbastanza a Vittorio e ancora mi dispiace.

Recentemente, con mia grande sorpresa ad un pranzo di Trofeisti, mi si è presentato questo signore dicendo: “Salve io sono Guido Novaro……..”!!!!!!  Abbiamo parlato a lungo anche e soprattutto di quella notte Sanremese e lui ha ammesso che ci aveva provato(e ci è riuscito) senza sapere davvero perché…… L’ho apprezzato molto di più oggi come persona e sono felice di averlo rivisto.     

Morale: il folto gruppo dei Trofeisti erano più o meno amici, e il fatto che ci ritroviamo ancora dopo quarant’anni la dice tutta, ma a quei tempi non si faceva sconti a nessuno. Finite le ricognizioni che spesso si tramutavano in qualche goliardata, in gara si usavano tutti mezzi possibili per primeggiare, leciti o meno leciti che fossero. In questo caso tutto era corretto naturalmente, condito però con un pizzico di “cattiveria”, peraltro inutile visti i risultati delle precedenti gare.