di Pierluigi Comelli. Ai “nostri” tempi, anni ’70-80 per intenderci, non c’erano limitazioni per le ricognizioni e le prove pre-gara delle Speciali di un rally; o meglio, dovevi solo rispettare il codice della strada… o quasi! Così, se volevi andar forte, visto che gli avversari erano certi Bettega, Gasole, Tabaton, Mirri, Vittadini e poi il gruppo cosiddetto 5C (Capone, Caneva, Carini, Cunico e modestamente ma orgogliosamente il sottoscritto Comelli), dovevi passare intere giornate sulle Speciali, con un avanti e indietro noioso ma indispensabile. Era quindi piuttosto comune che, almeno per le trasferte più lontane come Sicilia, Sardegna, Elba o Sanremo, ci si prendesse un’intera settimana di ferie o, per i più fortunati che ancora studiavano, la stessa settimana ma di “riposo”, giusto per cavillare e distinguere sui termini ma non nella sostanza. Fu così anche per quel Sanremo del ’79, penultima di un campionato che Cunico, nonostante le sue tante vittorie a raffica, ancora non si era matematicamente aggiudicato. Noi infatti avevamo vinto il 4 Regioni, eravamo arrivati secondi all’Elba e al Ciocco, terzi a Piacenza e quarti al Colline di Romagna e al Liburna, con un punteggio totale che ancora ci permetteva di sperare nella conquista del titolo… Cunico permettendo. Io e Pietro del Pup, mio navigatore di quella stagione e di molte altre gare in seguito, ci prendemmo quindi una settimana per preparare bene la gara. Erano otto le Speciali, tutte una diversa dall’altra; e quindi di strada da provare ce n’era davvero un bel po’. Lo facevamo soprattutto di notte anche se poi la gara si sarebbe svolta di giorno. E questo perché di notte il traffico è sempre meno intenso ma soprattutto perché la luce dei fari di chi viene dalla parte opposta alla tua ti dà la possibilità di evitare pericolosi scontri frontali. Così insomma una mattina riuscii persino a ritagliarmi un paio d’ore per una partita a tennis, intanto che del Pup correggeva le note. Ma la notte ero così stanco che mi si chiudevano gli occhi. Una sera, credo nella piazza di Carpasio, intravidi una panchina. Riposare nella A 112, soprattutto a causa della mia stazza, era praticamente impossibile. “Vado su quella panchina -dissi a Pietro- a fare un riposino”. Credo sia stato uno dei sonni più belli della mia gioventù, indimenticabile, nel silenzio di tomba di quel paesino. Mi venne a svegliare del Pup dopo un paio d’ore quando il paese cominciava ad animarsi: chissà cosa avrebbe potuto pensare la gente di quel “giovanotto” dormiente su una panchina! La gara poi finì bene, nel senso che arrivammo terzi dietro Cunico e Vittadini, i quali però alle verifiche tecniche furono squalificati: conquistammo così un’insperata vittoria che ci permise di avvicinarci a soli 14 punti da Cunico. Ce la saremmo giocata al Giro d’Italia se io non avessi dovuto disertare quel Rally causa…esame universitario! Restai quindi al secondo posto del Trofeo, nonostante due gare in meno rispetto ai miei principali avversari. E a fine anno, a dicembre, furono ancora gli studi universitari a segnare in qualche modo la mia vita sportiva. Mi chiamò Cesare Fiorio per dirmi che avevano pensato di affidarmi da ufficiale Fiat la Ritmo 75 di Gr.2 per il Rally della Val d’Aosta. Ma in quegli stessi giorni c’era l’esame di Stato per diventare notaio. Fra quelle due opzioni scelsi l’esame rinunciando a quell’incredibile opportunità. Avrò fatto bene? Se ci penso, non ne sono ancora sicuro…
Molti anni dopo, al R.A.C. inglese del 1994 (il mio quinto delle nove edizioni a cui ho partecipato), dopo la P.S. di Pundershaw (45,35 km!!) all’interno della temibile Kielder Forest -fango e fatica incredibili- la premurosa assistenza ci offrì un superlativo thè (spacciato per inglese di ottima qualità) che ci risollevò dalla fatica di quella lunga e terribile prova speciale. Sono stato grato per molto tempo a chi ce lo preparò. Ma solo vent’anni dopo venni a sapere che quel thè altro non era che il nostro Estathè riscaldato! Eppure sono ancora convinto di non aver mai bevuto un thè così buono: forse perché in quella specifica situazione, tra fango, pioggia, nebbia e stanchezza, qualsiasi bevanda calda ci sarebbe comunque sembrata la più buona del mondo!
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