di Tiziano Campagnol.

Primi giorni di dicembre 1978, il Piave Jolly sezione trevigiana del Jolly Club organizza la festa della premiazione per la nutrita schiera di piloti che corrono sotto le loro insegne. Sono della compagine e mi ritrovo in una discoteca in quel di Spresiano vicino a Treviso.
La serata è una sorta di raduno dove si stringono mani di persone incontrate durante la stagione (magra per me), qui incontro Cunico e Meggiolan conosciuti in Sicilia nel marzo precedente al Targa 78 che provai ma non disputai aiutando l’assistenza Jolly dove era necessario. Ci scambiamo qualche opinione sull’appena terminato Trofeo e ci si scambia i numeri di telefono.

Fine febbraio, pochi giorni prima della gara del Targa Florio 1979 all’ora di pranzo suona il telefono e risponde mia madre. Torna in sala dicendomi che un certo Gianfranco Cunico mi vuole, “cazzo e me lo dici così” penso e volo al telefono. Dall’altro capo Cunico mi fa, “Meggio non può correre per impegni di scuola, mi serve un navigatore al Targa Florio, tu lo hai già fatto, corriamo spesati con macchina ufficiale Jolly vuoi essere con me?”  Non ricordo le mie reazioni ma il sunto del mio discorso fu “dimmi dove e quando e se serve ti seguo anche in capo al mondo”.

Pochissimi giorni dopo Franco è a casa mia, armi e bagagli caricati e torniamo a Vicenza dove pranziamo con i suoi. Terminato il pranzo il commiato, saliamo sul muletto (un ex Capone) verde  “piantato”  in una non ricordo quale gara che reca ancora le conseguenze. Ha il tipico assetto da “cane da caccia” con le ruote posteriori non allineate a quelle anteriori, ma il motore gira che è una meraviglia, quello è il muletto affidatoci dal Jolly Club e tra relais e tubi riusciamo a far stare tutte le valige.

Al casello autostradale ci incontriamo con Caneva e De Vidal , anch’essi iscritti al Trofeo e partiamo per la Sicilia via Genova. Ci dirigiamo all’imbarco dove all’andata siamo tutti e 4 alloggiati sulla stessa cabina. Le mogli navigatrici dei due scenderanno più avanti e De Vidal naviga in prova Caneva e viceversa (va bhe, basta provare)
Il mare era più mite dell’anno precedente consentendo così una maggiore “vivibilità” del tragitto.

Palermo a noi viaggiatori del Trofeo (ed eravamo in tanti in quella nave) sembrò la terra promessa come ha scritto Vittorio Caneva sul suo “il sapore della passione”.

Usciti dalla stiva ci raggruppammo e tutti verso Cefalù evitando gli entusiasti cittadini che ci sfrecciavano da tutte le parti  esaltati dal gruppo di 112 allineate.

LE RICOGNIZONI

La notte, come d’uso, era da vampiri. Fuori fino all’alba, partivamo in gruppo, Bozzi ed il suo secondo Bardelli, Caneva e Gianni, Cunico ed io. Non so dire se furono tra le notti più divertenti della mia vita. Io e molti altri eravamo poco più che ventenni. Gli “adulti” (Jolly Club e altri) ci avevano caricato di importanti impegni da assolvere ma affrontavamo la cosa con lo spirito di chi la vita vuol godersela a tutti i costi anche se debbo dire che una certa professionalità cercavamo di mettercela.

Alla prima prova con le note dell’anno precedente crollo nel panico.  Avevo sempre corso con auto di gruppo superiore 2, 3, 4 ed era la mia prima gara in gr.1 ma…. vuoi il sistema diverso di compilazione sul blocco fatto da Meggiolan anno prima, vuoi il tenore di lettura assolutamente inaspettato per me con la guida di Cunico, fatto sta che ci metto una buona mezz’ora per riuscire solo ad ingranare e capire la cadenza. Piano piano che andiamo avanti mi rendo conto che io di quel rally vedrò poco o niente del paesaggio circostante.
Incalza su di me un ritmo di lettura indiavolato che non mi permette neppure di alzare la testa per eventuali riferimenti, percepisco con il culo, scusate il francesismo, il comportamento macchina. Rilevo sempre con quella ed unica cosa che ti aiuta a guidare (il culo) che la macchina è praticamente sempre in scivolata. Percepisco i tornanti su 2/3 ruote, leggo una “D x M-“  e mi aspetto uno stacco, sento invece quel dannato al mio fianco pestare giù sull’ acceleratore  come un matto, giungiamo in discesa in un “200 Sx Veloce LL ! rivoli d’acqua” e non percepisco nessuna titubanza o stacco nei giri motore. Ai “rivoli d’acqua” sento la macchina scivolare di piatto in destra e quando alla fine Franco la riprende sento dall’interfono un sospirato “fiuuu”……. (mortacci sua, penso!).
Non ci ero abituato, semplice. E solo chi lo ha navigato sa come “Jimmy il fenomeno” guidasse.
Superiamo il termine P.s. e controlliamo il tempo, lo confrontiamo con l’anno precedente, solo un minuto in più, il tutto fatto con un 112 “cane da caccia” con scarpette “ricoperte” .
Penso, se siamo così per divertimento, cosa succederà in gara? Sono tra un misto di esaltazione e panico, accompagnato da un crollo di autostima sulla mia capacità di reggere il trend.

La mattina dopo RICOPIO IMMEDIATAMENTE tutte le note sui miei blocchi a mio sistema, riporto rigorosamente i miei riferimenti rilevati faticosamente la notte e comincio a tentare di fugare lo stato di agitazione. Solo la notte mi darà risposte.

La notte arriva e dopo qualche prova mi sento rinfrancato per la mia ritrovata sicurezza grazie al mio bel blocco ricopiato, provammo e riprovammo mettendo a punto ogni più piccolo particolare. I tempi scendevano che era una bellezza ed il muletto anche se storto, si comportava egregiamente, le derive della 112 ormai erano prassi ed ampiamente digerite “sic est”.

ARRIVO DELLE “PICCOLE”

Le vetture da gara (la nostra e quella di Bozzi preparate da Nocentini) erano arrivate al concessionario Lancia di Palermo con il traghetto la notte prima. Bozzi, Bardelli ed io ci dirigemmo a Palermo per ritirale con la 127 che Bozzi aveva noleggiato per le ricognizioni.

Ricorderò sempre quando entrai nel salone del concessionario e vidi le due “splendide signorine rosse” fare bella mostra di se, già con il kit addosso. Mi fu “presentata” la nostra. Era semplicemente bellissima. L’accarezzai perfino, aveva ancora le “mutandine” addosso (i nylon sui sedili), profumava di nuovo ed aveva un 00036 segnato sul contachilometri, nuova e cattiva. Ponta, a dare battaglia di lì a poche ore.
Nel tragitto verso Cefalù mi tolsi qualche soddisfazione, era un quarta serie appena uscito, aveva un motore prontissimo, pieno a tutti i regimi e se il mulo “andava” questa “schizzava” letteralmente.

A Cefalù uscimmo, Franco ed io, per provarla sulla vicina Castelbuono.

Il mondo crollò quel venerdì. Franco non riusciva a prendere mano con la “signorina”, non rispondeva alle imbarcate, rimaneva rigida e non si adattava alla sua guida. Quando rispondeva alla chiamata lo faceva violentemente con serio pericolo, insomma non scivolava ma saltellava, i tempi che facevamo erano peggiori di quelli con il muletto, un vero dramma a 24 ore dalla partenza.
Imprecazioni e lunghi silenzi fino a casa, non osavo aprir bocca in auto e speravo nel grande stellone dei rallysti, una gara così importante e carica di aspettative compromessa per qualcosa di sconosciuto, era difficile da accettare.

Lo stellone rispose, ooh se rispose, e pure alla grande. Ritornati all’assistenza si fecero prove di caricamento, a Franco venne una idea probabilmente suggerita dalla disperazione, fece sostituire la balestra centrale unica con quella del muletto già sfiancata e provata. Uscimmo immediatamente per il test.

Ritorno trionfante, i sorrisi e gli urli si sprecavano nell’abitacolo, la “signorina” aveva completamente cambiato impostazione, si piegava docile e segnava tempi decisamente migliori, sentii più di qualche mugugno di soddisfazione provenire dalla mia sinistra.
Andammo in verifiche pre-gara e subito dopo iniziò il countdown per la partenza.

IL PRE GARA

Durante il tragitto verso la Sicilia Cunico mi aveva detto che quell’anno il Trofeo voleva e doveva vincerlo, i tempi erano maturi, la macchina e l’organizzazione c’erano.
Noi del Trofeo partivamo la seconda notte così alla prima tappa eravamo spettatori. La tensione cominciava a crescere e vedere la gara ci avrebbe fatto mentalmente entrare in essa. Salutammo alla partenza alcune conoscenze e ci recammo a vedere un paio di prove tra le più vicine per non tirar tardi.
Ricordo Franco molto teso ad osservare i concorrenti passare ed il mio stato non era molto diverso, quella notte prima di addormentarmi una miriade di immagini si accavallarono, C.o., P.s., famiglia, morosa.


La mattina dopo mentre ci recavamo nel parco chiuso per vedere gli esiti della nottata ci fu la brusca notizia della morte del navigatore locale sul Piano Fate.
Ricordo quella P.s.. Molto brutta, con un precipizio costantemente compagno di viaggio. Dentro di me cercai di capire le cause: nota sbagliata o non recepita. Ed un brivido mi prese: era il mio fantasma sin dal primo giorno di presenza a Cefalù.

Eravamo mentalmente in gara ed il cervello in quelle condizioni cancella quelle informazioni negative, una sorta di autoconservazione.

Il pomeriggio lo passai rileggendo più volte le note e cercando nella mente fotograficamente i riferimenti.
Una leggera pizza e via a vestirsi. Il momento era arrivato: sincronizzati nuovamente i crono mi immersi nel mio sedile in una sorta di transfert. Non parlammo molto, nè fuori nè in auto mentre ci avvicinavamo al palco per la partenza, ognuno di noi ripassava il proprio protocollo di concentrazione.

LA GARA

Le aspettative erano molte su quella gara, era la prima del 1979. Molti nomi erano conosciuti ma vi erano nomi nuovi di cui nessuno conosceva le potenzialità, era necessaria una strategia e quella che Franco decise era molto semplice, pestiamo duro le prime tre P.s. e al primo stop ci aggiorniamo sulla situazione, poi vediamo se qualcuno è emerso e decidiamo sulla condotta successiva.
Partimmo con il n° 223, secondi o terzi non ricordo. Lasciato il palco e finita la lunga folla che faceva da corollario a tutti gli equipaggi, la nostra cavalcata era iniziata (quella di Franco è storica, da quella prima gara del 79 in cui si aggiudicò il trofeo vincendo 7 prove su 10 la sua carriera decollò) eravamo soli nell’ intimità dell’abitacolo con tutte le tensioni della circostanza. Fattoci il segno di croce ci stringemmo la mano come rito propiziatorio, non potevamo permetterci errori, era arrivata l’ora di andare a fare sul serio, gli ordini erano “vincere”.

Nel C.o. di avvicinamento alla prima P.s. le pause di silenzio si alternavano a brevi rinfreschi sui punti di assistenza, qualche parola sulle famiglie tanto per sciogliere la tensione. La P.s. si avvicinava sempre di più. Non so a voi ma a me quei due minuti di intertempo prima della P.s. sono sempre sembrati eterni. Piombai in macchina dopo aver fissato il passaggio, dove già il blocco note era aperto in consultazione da Franco. Chiusi il casco, allacciai le cinture, una prova all’interfono, azzerai i due crono e già vedevo gli occhi del commissario di gara che ci avrebbe dato il via che stava per aprire la mano per il countdown -5, -4, -3….
Il cuore impazziva. Prima P.s. del Targa con la responsabilità di navigare Cunico ed addosso gli occhi di chi aveva scommesso su di noi.

Fu come se le acque si aprissero. Partimmo con una rabbia immensa, tutta la tensione di quei giorni si liberava sul motore di quel 112. Non vidi praticamente nulla salvo i miei riferimenti visivi in vicinanza dei quali alzavo gli occhi, vidi quelli e poco altro, fu una danza di note e rabbiosi ruggiti, sentivo l’auto andare in tutte le direzioni, il pubblico era tantissimo, negli sprazzi di visuale che mi concedevo vedevo gente assiepata ovunque, percepivo le loro urla al nostro passaggio, sentivo i giri motore a regimi altissimi.
La fine della P.s. giunse prestissimo.  In un bagno di sudore guardai il tempo ed ebbi un sussulto di piacere, avevamo fatto meglio di quanto prevedevamo, il piacere si consolidò alla conferma del cronometrista.

Bastava?  Era la nostra domanda.  Avevamo ancor due P.s. prima di incontrare le facce amiche del Jolly che ci avrebbero informato sulla situazione e navigavamo senza riferimenti salvo qualche informazione scambiate al C.o. con gli equipaggi prima e dopo di noi.

Il secondo C.o. con relativa P.s. di Montemaggiore ebbe lo stesso effetto. Mi sentivo comunque più rinfrancato, mi sembrava di andare bene e solleciti di Franco durante la lettura erano inesistenti. Forse… ce l’avrei fatta.

Alla terza P.s. Targa mi sembra sapevamo che da lì a poco avremmo avuto il responso sulla nostra andatura e saputo se dovevamo uscire all’attacco o metterci in difesa. Fu lunga quella P.s. madonna quanto lunga, misto velocissimo stroncato da curve strette che facevano sembrare la 112 pronta per prendere il volo. Penso che Franco diede il meglio di sè non conoscendo ancora la nostra posizione, bloccammo (lo sapemmo dopo) un tempo eccezionale, mettendo in fila dietro di noi con quel 112 gran parte del resto del rally, qualche “ufficiale” compreso.


Appena giunti al primo punto di assistenza non servì neppure mi slacciassi le cinture per uscire, non ricordo se venne Bortoletto (DS Jolly Club) o altri, venne comunque uno che in perfetto dialetto veneto mi disse, “va ben darghe dentro putei, ma zerchè de portar casa a machina“.  Nessun nome nuovo era sorto o poteva impensierirci, avevamo due minuti di vantaggio sul secondo del Trofeo e i nostri tempi erano quasi da assoluti. Da li si scaricò la tensione, vidi Franco più rilassato ed io …. cominciavo a preoccuparmi di me stesso e non dei concorrenti.

La preoccupazione gioca brutti scherzi. Verso la 5a o 6a P.s. caddì nell’inferno dei navigatori. Raggiungere i doppiati in Prova Speciale, o meglio, gli equipaggi della gara grande che avevano avuto dei problemi, era abbastanza consueto per noi. Capitava quindi di trovare qualche concorrente in mezzo alle A 112 del Trofeo nonostante ci fosse una neutralizzazione di qualche minuto fra l’ultimo dei concorrenti della gara grande e il primo del Trofeo. In un passaggio ”stretto”  fui distratto da uno di questi che non voleva togliersi, guardai la macchina (erroraccio) e persi le note. Con sudore alla fronte, solo una particolare casa sulla sinistra, riportata sui miei riferimenti visivi, 300 metri dopo mi aiutò a riprendere il punto. Qualche madonna Franco me la tirò.
Fu in quella P.s. che il mio tempo non coincise con quello del cronometro ufficiale. Sicuramente i doppiati avevano giocato un brutto scherzo al cronometrista, anche Franco scese dall’auto vociando ed inveendo per quei 60 secondi addebitati. Lasciammo la postazione in malo modo. Per fortuna il nostro margine era ampio e non rappresentarono un problema per la classifica.


Arrivammo sul lungo mare all’arrivo con quasi un’ora di anticipo. Era mattina, aspettai fino allo scoccare del mio minuto prima di consegnare la tabella, non volevo correre rischi, non sapevo chi guardare, c’erano un po’ tutti, radio, fotografi e Tv e sul palco il Moët & Chandon ci aspettava per essere aperto. Lo aprì il mio pilota senza tanti cerimoniali, lo assaggiammo in piedi, eravamo stanchi con gli occhi fuori dalle orbite, tanta voglia di letto e quello champagne ricordo aveva il gusto impastato di una notte insonne, molta la gente, molti si congratulavano ma nelle mie orecchie vi era solo il fischio della stanchezza.

Ci misi molti giorni a capire cosa avevamo fatto e molti anni a ricordare.

 

 

 

N.d.r.:

Maurizio Paliaga Ahahahah Tiziano, ti ricordi di quel minuto, la ps non ricordo quale fosse..ma ricordo che c’era parecchia discesa e siamo andati giu’ alla morte..tanto che ancora adesso quei 50 secondi non so se erano uno sbaglio o erano veri…non so se si poteva andare di più…credimi…abbiamo rischiato tutta la P.s.che a Zini piaceva da morire. Bella gara !!

Atlantis Accanove …e ….. 🙂 mi spiace per voi ma quel minuto NON c’era ha ha ha ha (belle ste diatribe a distanza di 40 anni)

Giorgio Bozzi Visto che ci siamo… dico anch’io la mia a proposito dell’arrivo delle “ufficiali Mocauto Jolly Club” a Cefalù: a dispetto dell’immacolata 4a serie di cui sopra la mia si presentò totalmente al di fuori degli standard concordati (le due auto avrebbero dovuto essere gemelle) e mi ritrovai un 3a serie sgangherato che non solo non andava ma non stava in strada al punto che tentai di convincere i meccanici Jolly a smontare il rollbar per montarlo sulla mia 4a serie stradale con cui feci le ricognizioni e correre con quella… naturalmente mi mandarono a “quel paese” e il risultato si vide in gara! 😡 Per la cronaca alla gara successiva (Costa Smeralda) il mio meraviglioso “112” ufficiale dopo la prima prova si aprì quasi in due e finii la gara con saldature e fil di ferro ovunque… ma questa è un’altra storia. I Trofeisti non mollano mai!