di Giorgio Bozzi.

Si, sono stato uno dei tanti protagonisti di queste gare al fulmicotone, dove “non mollavi mai”, senza tattiche perché andavi al massimo dall’inizio alla fine… se ci arrivavi, dove gli avversari diventavano anche amici e i navigatori invecchiavano precocemente…dagli spaventi!

Perché partecipare al Trofeo A112 Abarth?

Credo che, oltre alla passione per una disciplina così particolare e articolata come i rallies, nella gran parte dei partecipanti ci fosse la voglia di emergere, la volontà di competere ad armi pari, il richiamo della sfida, la possibilità di fare importanti gare nell’ambito del Campionato Italiano Internazionale e, non ultimo, di gareggiare a bassi costi in contesti affascinanti e sotto i riflettori dei media.

Così,  considerato il grande successo della prima edizione del Trofeo (1977) e le concrete opportunità di crescita rivolte ai primi piloti classificati, decisi di partecipare all’edizione del 1978, forte dei lusinghieri e incoraggianti risultati delle mie prime gare a livello regionale.

Il Trofeo era particolare, nonostante quasi tutti fossero poco più che dei ragazzi (io avevo 23 anni), si respirava un’aria molto professionale, inconsueta per quei tempi, almeno per noi “ragazzini terribili”, apostrofati in questo modo dalla stampa e dai piloti professionisti, ma con il piede pesante e tante speranze.

C’era chi aveva già il “muletto”, chi aveva due “12” una per le gare di asfalto e un’ altra per le gare in terra, chi aveva il “12” ufficiale di una scuderia, chi aveva i primi sponsor; ma tutti con un denominatore comune: provare tanto, fino all’esaurimento delle forze e/o dei soldi per andare più forte di tutti in gara.

Ma veniamo al mio debutto. Avevo pochi soldi e la famiglia contraria… non erano certo le condizioni ideali per intraprendere un campionato del genere, altamente competitivo, impegnativo e costoso per chi, come me, non aveva mezzi e alcun sostegno morale.

Comprai, a cambiali di nascosto dai genitori, la mia A112 Abarth 70hp ma, risolto il problema dell’acquisto, c’erano ancora altri scogli: l’acquisto del “kit gara” direttamente fornito dal reparto corse Lancia, oltre all’allestimento dello stesso e le ulteriori preparazioni necessarie per avere un’auto competitiva.

Non sapevo come fare. Per fortuna un amico (diventato in seguito stimato co-pilota semi professionista) – Alessandro Pavesi – parlò così bene di me a un emergente preparatore – Mauro Nocentini – al punto di convincerlo a consegnarmi l’auto pronta gara a sue spese e a garantirmi l’assistenza oltre al mantenimento dell’auto durante tutto il campionato!

Grazie a loro iniziò l’avventura, al Rally dell’Isola d’Elba, con due gare di ritardo rispetto al calendario che prevedeva la prima gara in Sicilia (Rally Targa Florio) e la seconda in Sardegna (Rally Costa Smeralda).

Sbarcai sull’isola con il fido navigatore Franco Donati (già esperto e molto bravo) che si sarebbe alternato al mio fianco con altro “grande”, Fabio Coppa (diventato in breve tempo “santo” per la pazienza dimostrata nel sopportarmi) e con la fiammante A112 Abarth 70hp appena uscita dalle cure dell’officina Mauro Rally Tuning.

Naturalmente, non avevo il “muletto”. Le ricognizioni iniziarono con l’auto da gara, una settimana prima della competizione come era consuetudine fare; ero felice, nella speranza di dimostrare il mio talento e di iniziare a racimolare i primi punti per il campionato.

La cosa che mi colpì subito fu il calore della gente, appassionata come non avevo mai visto, disponibile a risolverti qualsiasi problema, qualunque desiderio; ma perché mi domandavo? Semplice, perché per loro il rally era l’evento dell’anno e tu ne facevi parte, da protagonista, pilota, eroe.

Appena sceso dal traghetto incontrai per caso un ragazzo – Luciano – della Val di Fiemme (Trentino), conosciuto in villeggiatura anni prima e in servizio nell’Arma dei Carabinieri proprio lì sull’Isola, il quale volle assolutamente il numero di telefono dell’albergo in cui alloggiavo.

Il giorno stesso, dopo cena, arrivò puntuale la sua telefonata: “in quale prova speciale sei diretto?

Arrivai, come promesso, a inizio prova speciale e trovai tre camionette dei Carabinieri… al mio servizio!

Dopo i saluti e le doverose presentazioni oltre a due autografi… incredibile, non ero nessuno ma Luciano mi aveva dipinto come un fenomeno, i Carabinieri si divisero i compiti: una camionetta rimase lì a bloccare le auto eventualmente in transito, un’altra andò alla fine della prova speciale per lo stesso motivo e la terza si posizionò su un bivio verso metà prova a garantire il “blocco” totale.

Provai come un matto quel tratto di strada dalle dieci di sera sino all’una di notte, sicuro di non trovare auto in senso contrario. Feci un ottimo lavoro.

Ma ecco i primi guai il giorno seguente, anzi la notte. Una curva presa male e la conseguente “toccata” contro la montagna.

Il risultato fu di aver piegato l’attacco della barra stabilizzatrice con il relativo arretramento della ruota anteriore destra e di dover sospendere le ricognizioni per una giornata, oltre al problema di risistemare il “12”… ma ci aiutò, ancora una volta, la disponibilità di Luciano e la passione e la gentilezza di un meccanico locale.

Purtroppo l’auto, seppur ripristinata, non era più la stessa e… anche Mauro Nocentini non era più lo stesso perché, informato dell’accaduto, andò su tutte le furie. Mi diede comunque appuntamento al suo arrivo con i mezzi d’assistenza, il giorno prima della gara per verificare di persona l’accaduto.

Arrivò il giorno tanto atteso. Prima della partenza, vedere, in “parco chiuso”, circa sessanta A112 perfettamente allineate, pulite, pronte a darsi battaglia fu meraviglioso e fu anche l’inizio delle prime conoscenze, gli avversari.

Ci siamo, lo speaker mi chiama sul palco partenza, lo stomaco è attorcigliato, il navigatore consegna la tabella di marcia al cronometrista che la rende “timbrata” e…via, in trasferimento verso la prima prova speciale. Sono all’incirca le dieci di sera.

Apparentemente la calma regna all’interno dell’abitacolo ma non è così, almeno per me.

Le mie attenzioni sono rivolte alle gomme, alle sensazioni che mi trasmettono. E’ la prima volta che utilizzo coperture da competizione riservate al Trofeo e non so il loro comportamento, inoltre inizia l’ansia “da prestazione”. Sarò davvero veloce come credo e soprattutto vicino ai migliori?

Ora non c’è più tempo per pensare, sono allo start della mia prima prova speciale nel Trofeo A112 Abarth.

I piloti che avevano già preso punti nelle gare precedenti partivano per primi, gli altri a sorteggio. Avevo il numero 237, in pratica ero in mezzo allo schieramento, con il 201 partiva il pilota in testa al campionato, un certo Comelli.

I primi chilometri della prova speciale denominata “Due Mari” sono facili, in leggera salita, ma alla prima vera “staccata” per un tornante… freno così violentemente e così in anticipo che sono costretto a ridare gas! Stavo guidando da cane.

Franco mi sussurra nell’interfono: calma, concentrati.  Uscito dal tornante, certo di aver concesso secondi preziosi agli avversari in quei pochi chilometri, iniziai finalmente a guidare bene, attento alle traiettorie e “pancia a terra” come era solito fare nel Trofeo.

Curva dopo curva, consapevole di aver superato l’emozione e di far bene, ecco improvvisamente la nebbia, fitta, da non vedere oltre dieci metri.

Il dubbio che i primi non l’avessero trovata fu tale da non farmi alzare il “piede” più di tanto, soprattutto perché Franco mi dettava le note con tale sicurezza e precisione che mi sentivo come preso per mano, condotto metro per metro in quel budello impenetrabile dove sembrava vederci solo lui, mentre io andavo a cercare con lo sguardo il ciglio della strada per capire dove direzionare l’auto, alla cieca.

Ero completamente nelle mani di Franco, in assoluta fiducia, curvavo in D3 anche se non la vedevo e puntualmente al suo comando la curva arrivava… non dovevo fare altro che crederci e buttarmi dentro!

Mi piace pensare che anche lui avesse la stessa fiducia nei miei confronti, anche se sono convinto che un po’ di paura l’avesse. Non l’ha mai confessato. Comunque grazie e bravo.

Improvvisamente comparvero due lucine rosse davanti a noi. Era il concorrente partito un minuto prima di noi (gli start in prova speciale avvenivano a distanza di minuto per concorrente). Lo superai in un tratto rettilineo, sfiorando le fiancate.

Bene, allora tanto piano non stiamo andando, pensavo.

Quando “prendi” quello davanti a te scatta una forma di autostima, di gasamento, la conferma della tua bravura nell’essere veloce ma, al tempo stesso, pericolosa perché se non controllata può portarti oltre il limite.

Ancora qualche chilometro e di nuovo altre due lucine rosse. Caspita, un altro avversario raggiunto, quello che partiva due minuti prima di noi. Stiamo volando!

Il poverino, gentile, forse preoccupato nel vedere tanta irruenza alla sue spalle si spostò, quasi si fermò per farmi passare. Immagino cosa abbia pensato.

La nebbia sparì dopo aver “scollinato”, a circa tre quarti del tratto cronometrato, in discesa, e continuai ancora grintoso ma attento sino alla fine di questa terribile, impegnativa prima prova speciale.

Chiesi al navigatore il tempo impiegato: 18’33” rispose, non male rispetto alle prove pre-gara e considerate le condizioni avverse.

A quel punto avevo un solo pensiero: sapere al più presto i tempi dei migliori.

Arrivammo dopo un lungo trasferimento al primo “parco assistenza”.

Notai un certo affollamento nell’area presidiata dalla nostra scuderia, il Jolly Club, e con la luce dei riflettori negli occhi, il rumore dei compressori nelle orecchie, capii che molte persone erano lì ad aspettare me.

L’auto fu circondata da volti sconosciuti, tranne uno, Roberto Angiolini, patron del Jolly Club che con fare incredulo disse: “hai fatto il miglior tempo, bravo…”.

Ancora seduto in auto incrociai lo sguardo raggiante di Mauro Nocentini che, soddisfatto e senza dire nulla, con un’amichevole pacca sulla spalla mi invitò a scendere per consegnare il “12” ai suoi meccanici.

Nei 20 minuti di tempo del “parco assistenza” tutta quella folla desiderava vedere da vicino quel numero 237, tutti volevano scoprire il viso di quel Bozzi, tutti ambivano di conoscere l’autore di quel “tempone”.

Ricordo il Dr. Tabaton, titolare della scuderia Grifone e padre di Fabrizio Tabaton, mio avversario considerato tra i favoriti del campionato, che venne a complimentarsi e accertarsi se anch’io, come suo figlio, avessi trovato nebbia.

Ricordo Carlo Cavicchi, allora inviato per il settimanale Autosprint, ricordo Guido Rancati, anch’egli noto giornalista del mondo dei motori, e tanti altri dei quali ora mi sfuggono i nomi.

Ero al settimo cielo, in mezzo a tanta gente, a tanto stupore, a tanti complimenti, a tanti amici che non sapevo nemmeno fossero venuti ad assistere al mio debutto.

La prova speciale seguente, chiamata “Monumento”, non mi era congeniale fin dalle ricognizioni, era relativamente corta e non riuscivo a trovare il giusto “feeling” con la strada. Il cronometro confermò la mia difficoltà segnando un mediocre tempo.

Forse anche l’emozione dell’improvvisa popolarità contribuì a non farmi guidare come avrei dovuto.

Mi ripresi subito nelle prove speciali seguenti, il “Colle d’Orano” e il “Monte Perone”, difficili e scivolose, registrando tempi di tutto rispetto, sempre nella top ten.

Dopo queste prove speciali si ritornava al “parco assistenza”. La classifica provvisoria mi vedeva al 3° posto, preceduto da Tabaton e Cunico, rispettivamente primo e secondo, e davanti a Simontacchi e Marasti.

Eravamo tutti racchiusi in 30 secondi. In questa prima fase del rally si ritirò Gasole, altro vero “missile” che battagliava a suon di tempi “impossibili” con noi.

Purtroppo, la quinta prova cronometrata era ancora il tanto odiato “Monumento” e… lì finì la mia gara, capottato!

Piansi come un bambino per cinque minuti.

Seduto sul ciglio della strada, deluso, senza darmi pace, iniziavo a pensare all’immediato futuro.

Mi ritrovavo con l’auto distrutta e ancora da pagare, con i genitori ignari e prima o poi da affrontare, oltre a Mauro Nocentini al quale non sapevo cosa dire se non scusa, ho sbagliato.

Bella idea quella di partecipare al Trofeo!

Il giorno dopo andai comunque alla cerimonia di chiusura del rally e, a sorpresa, ricevetti i complimenti da molti addetti ai lavori, feci le prime interviste e conobbi alcune persone che negli anni divennero anche cari amici.

Però, il fatto più sorprendente fu l’inatteso interesse di Roberto Angiolini che, insieme a Nocentini, promisero di aiutarmi per continuare il campionato.

Ma questa è un’altra storia.