di Vittorio Caneva.
Quella volta credo che fu uno degli errori più grandi che feci nella mia vita. Valutavo il campionato perso già da Biella, gara a cui non avevo potuto partecipare per motivi economici. Già sembrerà strano, ma dopo il Colline di Romagna avevo finito i soldi miei e anche quelli che la banca mi aveva elargito, per cui dopo una soffertissima decisione dovetti rinunciare, sapendo anche che per me l’avventura rally si fermava lì.
Quindi decisi di partecipare al Sanremo più perché durante l’estate qualcosa avevo racimolato che non per vincere il campionato, opzione sulla carta possibile ma ormai remota sugli aspetti più logici.
Decisi così di correre con Roberta, lasciando a casa un accigliato Loris Roggia, che forse non comprese mai quella mia decisione. A dire il vero ci ripensai per non so quanti anni e alla fine non giunsi mai ad un motivo di quella mia decisione. Non è che Roberta non fosse brava, anzi era una ragazza bravissima e molto appassionata, ma onestamente non avrei dovuto gettare la spugna così in un Trofeo che avrei potuto davvero vincere ancora.
Partimmo molto forte sulla prima prova, la ronde, ma andammo lunghi su un piccolo bivio a Perinaldo spegnendo la macchina e fortunatamente non ci fu nessun danno. Poi a fine prova incontrai un cane in mezzo alla strada e dovetti rallentare molto prima che si togliesse di mezzo, di sicuro perdemmo un bel po’ di tempo ma alla fine il miglior tempo era il nostro. Forse non mi resi conto che Mauro Nocentini mi aveva dato una macchina molto veloce perché io andavo come sempre ma i tempi erano molto meglio di sempre.
Al Colle d’Oggia andai fortissimo e non solo quell’anno ma anche gli anni successivi. Quando si scollinava pelavo i muretti in quarta e giù come un folle. Lo feci sempre, nel 1983 umiliai Verini e dei francesi. Nel 1984 diedi 30 secondi al migliore della squadra ufficiale Citroen, quindi non fu un caso se feci quel tempo anche con il 12. Poi al Ponte dei Passi avevo il vizio di entrare troppo forte nelle curve lente e di uscire sempre da cani, in più quella volta pioveva e non riuscivo a dare la giusta trazione alla macchina, ovviamente difetti che si capiscono sempre dopo.
Dopo il primo loop avevo una trentina di secondi di vantaggio e ci apprestavamo a rifare il Colle d’Oggia. Io ero tranquillo in macchina quando arrivò Roberta piangendo disperata, “ho pagato un minuto ma non è stata colpa mia, è stato Guido che mi ha fregato”. Restai di stucco, da una gara stravinta ora mi trovavo a dover recuperare una quarantina di secondi in sole tre prove. “Non preoccuparti” le dissi “adesso li riprendiamo tutti, stringi le cinture”. Lei fu bravissima e molto concentrata, io feci la prova dell’anno e quasi della vita, c’era nebbia ma la prova la conoscevo bene anzi benissimo. Il tempo fu strepitoso recuperai 30 secondi circa e con due prove ancora da fare avrei potuto ancora dire la mia. Da notare che quel tempo portato nell’assoluta del rally era il 6° assoluto a sei secondi da Mikkola con l’Escort gr. 4 ufficiale.
La prova dopo, il Ponte dei Passi non era la prova che mi piaceva, infatti quasi alla fine toccai leggermente un paracarro di ferro sulla sinistra che mi aprì una ruota e per me fu finita.
Quello che mi è sempre rimasto in mente anche dopo quarant’anni è che con tutti i partecipanti del Trofeo eravamo molto uniti e amici, anche se c’era rivalità, ma era una rivalità sportiva, andavamo a cena insieme e ci trovavamo sempre con grandi pacche sulle spalle, mai mi sarei aspettato che qualcuno se ne approfittasse perché io avevo una navigatrice meno esperta, e soprattutto mai avrei pensato che si dovesse arrivare a certi espedienti per farsi vedere più furbi degli altri.
Io persi gara, Trofeo e forse molto di più. Michele vinse il Trofeo che avrebbe forse vinto lo stesso anche senza trucchi subdoli dei quali dubito lui, grande signore, fosse d’accordo. Quella volta ebbi una grande lezione dalla vita e soprattutto imparai a distinguere gli amici e le persone oneste.
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