di Vittorio Caneva
(ricordo di Loris).
Il trillo della maledetta sveglia mi tirò su dal letto di soprassalto, le 3,40. Gli occhi incollati e la testa pesante… un orario demenziale anche a vent’anni. Fuori un silenzio irreale avvolgeva il paese, magicamente ancora assopito in quella calda notte d’estate.
A tentoni picchiando dappertutto mi avviai in cucina dove misi sul fornello una moka preparata diligentemente la sera prima. Mi guardai nello specchio, sembravo “zombie”, “ma chi me lo fa fare” pensai acidamente, “A quest’ora del mattino in giro per ‘sti fottuti rally, ma chi li avrà inventati mai”.
Il disegno della giornata era molto impegnativo, prendere l’A112 Elegant muletto, caricare il fotografo di Asiago di nome Igerio, che mai aveva visto o saputo che cos’era un rally in vita sua, andare a Bobbio, fare le note del rally delle valli Piacentine e tornare ottimisticamente in serata, se tutto fosse andato per il meglio. La 112 muletto era come un caccia della prima guerra mondiale se non lo tiravano giù i nemici cadeva da solo, probabilità di ritornare a casa sani meno del 22%.
Quando lo trovai alle quattro in punto davanti al suo negozio, Igerio sembrava la mummia di Ramsete II estratta dal sarcofago e impiantata contro il muro, un morto in piedi. Avrebbe voluto fare il navigatore, ma da quella volta invece non mi parlò mai più di rally.
Dopo le prime tre gare mia moglie che normalmente mi navigava, pensò bene di darsi alla maternità, l’ondeggiare del traghetto per la Sardegna aveva sortito effetti devastanti e inaspettati per cui ora si iniziava a comprare culle, biberon e accessori vari. Il navigatore che avevo nel frattempo recuperato si era dato alla fuga dopo un rocambolesco Colline di Romagna nel quale mi pagò un minuto al parco assistenza, non seppi mai il perché ma la cosa mi fece veramente arrabbiare.
Avevo un gran bel carattere a quei tempi, senza dire nulla girai la macchina e tornai a casa ancora con la tuta indosso, lasciando agli altri un piazzamento nei 5-6 e il premio gara che non era poco soprattutto considerando le inesistenti risorse dell’epoca, era un disonore pagare un minuto col navigatore sul tavolino a far niente, il solo pensiero mi faceva desiderare di sopprimerlo in modo atroce.
Mi trovai così senza nessuno, feci un lungo giro di telefonate ma la risposta era sempre quella “Voi del Trofeo siete matti, non salgo… mica voglio andare in ortopedia…” Così decisi di andare a provare la gara con il primo che mi disse di si, o forse per essere sinceri non ebbe il coraggio di dirmi no, Igerio il fotografo che aveva il negozio a fianco del mio.
Qualche mese prima gli avevo salvato la vita, era svenuto in bagno causa una stufetta a gas, suo padre era arrivato urlando “E’ morto” me lo caricai in spalla e lo portai fuori all’aperto dove rinvenne appena dopo l’arrivo dell’ambulanza, ci mancò poco davvero.
Era comico il modo in cui gli dettavo le note “DP… 50… SV… 80… ST…” e lui scriveva come poteva, meglio di niente, penna a sfera e blocco grande, d’altra parte non c’erano soluzioni, anche Gianni mi aveva abbandonato, lui più pazzo di me arrivò un paio di gare prima al Ciocco, la Range e il carrello con caricata la A112 e la fidanzata di un noto pilota a cui celatamente faceva la posta. Sbarcò maledicendo la Garfagnana colpevole di essere troppo lontana da casa sua. Poi vide tutti assatanati già pronti per la gara, avevano provato come matti e lui nemmeno visto la strada “Mi presterai le tue note, tanto sulla terra vinco io” aveva detto con il suo solito ottimismo, e invece girò la Range e se ne andò a casa dove vendette tutto “Non ho tempo… e poi quelli provano troppo … hanno la macchina sporca, ho da fare io e un bimbo di tre anni” Borbottò mentre girava tutto nuovamente verso nord.
In poche parole ero rimasto solo, il sodalizio che si era creato tempo prima si era spezzato per sempre, un altro che aveva messo la testa a posto e alzato la bandiera bianca.
Mancavano ancora alcuni giorni alla gara e se non avessi trovato qualcuno, io non avrei potuto correre, magra consolazione davvero, ma sembrava impossibile caricare un navigatore, anche pagandogli tutte le spese.
Forse in quel momento dovevo smettere, le difficoltà economiche erano altissime e anche il tempo a disposizione era molto ridotto, ma proprio quel mattino mi feci una promessa “Avanti sempre, avanti a tutti i costi se si fanno questi sacrifici si deve pur arrivare a qualcosa”.
La giornata fu un incubo, ci perdemmo nel mezzo di una landa sconfinata, infilando una taglio in mezzo al bosco, questa divenne strettissima e ripidissima in salita e poi in discesa, poi di fango, molto fango, riuscimmo a venirne fuori miracolosamente mettendo dei rami sotto le ruote e lanciandoci poi giù per un prato, sulla cartina c’era una strada e la strada dovevamo trovare a tutti i costi altrimenti in quel posto non ci avrebbero mai più recuperato.
Il povero Igerio era aggrappato alla maniglia con gli occhi sbarrati immaginando che quelli per lui sarebbero stati sicuramente gli ultimi momenti di vita, io mi lanciavo indomito lungo il prato scivolosissimo sperando di trovare una via d’uscita, alla fine buttammo giù una recinzione di filo spinato e piombammo nella strada con i freni già bloccati da tempo e la macchina che andava alla deriva, un tonfo disumano salutò il nostro arrivo, incredibilmente non si ruppe nulla ma fu uno dei tanti miracoli che appaiono ogni tanto nella vita di ogni rallysta.
Rientrammo a casa verso mezzanotte, avevamo percorso 1.100 km . tra andata ritorno, prove e divagazioni varie a bordo della povera A112 Elegant già distrutta di suo…
“Vieni giù stasera al ritrovo della scuderia forse ho trovato uno che potrebbe correre con te” Riattaccai il telefono e mi sparai a Marostica, sperando nel buon Dio.
Arrivai laggiù che si stavano sgranocchiando dei salatini con dell’ottimo prosecco. I soliti mitici e immancabili discorsi aleggiavano tra gomme gare e traversi di ogni tipo rendendo la serata davvero piacevole. D’un tratto si avvicinò a me un tipo con fare piuttosto spaesato.
“Sei tu che cerchi un navigatore?” Disse sottovoce girandomi attorno quasi avesse timore di parlarmi.
“Si, sono io, ma tu chi sei?” Risposi senza afferrare bene se la sua era una proposta per salire con me o una riflessione per aiutarmi.
“Diciamo che di solito sono un navigatore” Rispose con calma mentre con lo sguardo fissava le punte delle mie scarpe e girava sempre in tondo.
“Potrei correre con te se vuoi, basta che mi paghi le spese io soldi non ne ho” Continuò ancora girando sempre un po’ su se stesso sorseggiando senza gustarlo il prosecco dal calice.
“Ma… hai ancora corso vero ?” Gli chiesi preoccupato.
“Chi sei?” Era quasi inquietante il suo comportamento.
“Mi chiamo Loris… Loris Roggia ho corso con un po’ di gente, alcuni sono qui in giro, chiedi pure a loro” e se ne andò così com’era apparso, forse deluso dalla mia reazione che si vedeva chiaramente poco convinta.
Quella sera il destino cambiò sicuramente la mia vita e forse anche la sua creando un sodalizio che durò per quasi tutta la mia carriera.
Tuttavia il fare pacato, calmo, quasi distaccato non mi convinceva molto, di solito i navigatori erano arrembanti, vendevano bene la loro merce, cercando di essere simpatici al pilota e raccontando anche quello che non avevano fatto, invece lui era come su un altro pianeta, distaccato, sulle nuvole.
Pensai che non avevo alternative e che comunque dopo questa gara avrei avuto il tempo eventualmente per cercarne uno magari più sveglio…
“Ma siete sicuri che quello non si addormenta?” Chiesi ad un paio di piloti con cui aveva corso.
“No tranquillo vedrai come si trasforma quando sale in macchina, non lasciarti trarre in inganno dal suo comportamento è uno fatto così”
“Speriamo… chissà che dirà mia moglie quando lo vedrà… Dirà sicuramente che li trovo tutti io… mah! ”
Lo cercai e ci misi un po’ a ritrovarlo si era eclissato, stava girando da solo a testa bassa meditando chissà cosa, assopito nel suo mondo che in seguito gli ho spesso invidiato e che non era per niente sulle nuvole.
“Ehi tu… Sveglia! Domani passerò a prenderti alle nove in punto, dove abiti?”
Mi aspettavo che mi dicesse “Eh no! Domani devo chiedere a mia moglie, il lavoro ecc.”
Invece sparò un “Va bene” Senza condizioni che sentii molto raramente in giro per tutto il resto della mia vita.
Quando suonai alla porta di casa si presentò immediatamente con la valigia in mano, ma dentro era tutto buio e per terra vidi una sagoma raggomitolata.
“Che è quello” Dissi un po’ inorridito.
“Ah… è mio fratello che dorme“
“Come? Ma dorme lì per terra?”
“Eh si” fece allargando le braccia.
“Ha litigato a casa e ora sta qui” Disse chiudendo piano la porta.
Arrivammo a Bobbio nel tardo pomeriggio e verso sera iniziammo le ricognizioni con le note del fotografo, scritte in maniera orrenda, ma lui non faceva una piega, le leggeva come fossero le sue.
“Adesso gli faccio vedere come vanno i Trofeisti” e mi sparai come un folle su una prova che avevo visto solo una volta.
Lui non le perse mai, ogni tanto allungava il piede alzando la testa e ogni tanto mi diceva “Falla scorrere che ti pianti in uscita” e scuoteva la testa, come per dire “Ah! ‘sti giovani!”
Poi finita la prova mi disse “Ma sei sicuro che riuscirai ad andare tutta la gara così?”
In effetti aveva ragione avremmo fatto almeno la metà delle curve per caso, ma si vedeva che era davvero bravo, la giusta grinta, la giusta calma, vedeva delle cose che nessuno immaginava.
“Attento che è sporca” ed era sporca! Non ci era mai passato ma lo intuiva.
Rimasi a dir poco stupito, ma il mattino del giorno dopo stava malissimo, aveva un colore grigiastro e non metteva la testa fuori dal lenzuolo.
“Che hai adesso…”
“Mah ogni tanto mi viene una cosa del genere… Non so…” Già parlava poco e in più adesso era moribondo, andiam bene.
“Senti per provare c’è solo oggi, io vado lo stesso a vedere le prove almeno mi resterà qualcosa in testa, mi spiace tu resta qui verrò dopo, se hai bisogno chiama sotto qualcuno verrà”
Porca miseria, però non mi avevano detto che era difettato, miseria andava così bene, prima le note col fotografo, e poi guarda come sono ridotto adesso, che sfiga.
Feci la prima prova speciale, quella del passo Cerro e verso la metà, su un tornante c’erano molti spettatori che guardavano le prove.
Mi fermai tra un polverone mezzo di traverso.
“Chi è che vuol salire” urlai dal finestrino.
Vennero in una decina.
“io… io… io…”
Feci salire quello che sembrava il meno tonto “Sai dire le note?”
“Ma si… anzi no… non ho mai visto come si fa, ma mio zio è salito una volta con Vudafieri…”
Urca andiamo bene!
Feci un paio di passaggi con a bordo quel tizio che terrorizzato guardava la mia lotta con la vettura senza proferire parola.
Alla fine tornai in hotel dove trovai Loris ancora ko.
“Pensi di rimetterti per domani?”
“Non mi dura mai più di un giorno” disse con un filo di voce.
“Chiamo un prete o un dottore?”
Il giorno seguente le verifiche e poi in serata la partenza, faceva un caldo infernale nel cortile della ditta Astra di Piacenza sponsor della gara, a guardarlo bene sembrava che non avesse avuto nulla, il giorno prima era moribondo oggi stava meglio di me, con il cappellino in testa e la tuta Linea Sport azzurra legata alla cintura lasciava vedere il pesantissimo maglione che si usava come sottotuta a quei tempi, un caldo veramente infernale e lui lì come se fosse a Karlstad in Svezia. Mah…
Che tipo strano…
Finalmente davanti a me la prima prova speciale, il Passo Cerro, una salita larga e veloce e una discesa mozzafiato sporchissima quasi sterrata, lui non c’era mai passato, io con lo spettatore e prima ancora con il fotografo Igerio, totale due volte. Roba da mondiale!
La salita era noiosissima non si andava su, soffrivo e continuavo a dire “arriverà anche la discesa prima o poi” Mentre il motore soffocava nell’arsura estiva.
Mi buttai giù come un pazzo tanto che più volte mi trovai in situazioni veramente disperate, affrontai un tornante subito dopo una frana con la macchina di traverso, quando questa toccò l’asfalto e lo scalino che lo delimitava, si mise su due ruote, facendomi rischiare un capottamento storico, poi piombammo su una destra sporchissima e mi ci buttai dentro a tutta, in uscita misi una ruota nel vuoto meritandomi la foto su AutoSprint, un altro due ruote su di un ponte nel quale tirai il freno a mano per non schiantarmi e poi ancora un paio di ruote in un fosso, dei rischi incredibili, e lui imperterrito a leggere le note, ogni tanto guardava a lato per vedere dove si andava, ma nulla di strano mi sembrava di andare addirittura piano.
“Bravi avete fatto il terzo tempo” ci disse il cronometrista alla fine dell’odissea.
“Cazzo Loris peccato, volevo vincerla, proviamo nella prossima”
Mi aspettavo che mi dicesse “Ma tu sei matto ad andare così” e invece disse “Hai guidato un po’ sporco ma va bene, quanta ghiaia! Però se stai più calmo la prossima la vinceremo”
La prova dopo invece fummo meno fortunati e finimmo in un fosso quasi subito, perdendo un paio di minuti, il solito gruppetto di spettatori ci ributtò in strada, lui non fece una piega anzi scese a spingere in un baleno e in un baleno era già riallacciato pronto a ripartire.
Riprendemmo e rifinimmo in un altro fosso dal quale uscimmo per fortuna a fine gara.
Meglio così! Statisticamente c’era da aspettarselo di finire in quel modo, avevamo giocato tutti i jolly che avevamo e anche di più.
Fu una delle poche volte in cui fui felice di ritirarmi e anche Loris non si lamentò più di tanto.
“Ma te la senti di correre anche al Liburna con me… oppure me ne devo cercare un altro ?”
“Perché no… secondo me vai forte… ma devi imparare come si fa…” Disse misteriosamente.
Suo fratello sul pavimento non c’era più, forse era tornato a casa sua o forse era semplicemente in giro, lo salutai con un cenno della mano, mentre lui trascinava la sacca all’interno, con un lieve gemito di sofferenza.
“Ci vediamo presto Loris, grazie di tutto”
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