di Andrea Coco.
Dopo l’esordio nel Trofeo 1977 con il sesto posto all’Elba, con Bebo Gasole arrivammo al San Giacomo di Roburent, a maggio, per il nostro secondo impegno stagionale. Prendemmo alloggio in un alberghetto-ristorante sperduto tra i boschi, al quale eravamo arrivati con la nostra A112, “preparata” dal fiorentino Giani e iscritta dalla scuderia genovese Grifone, e con la solita auto a nolo per le prove. Ricordo ancora che la titolare di quell’albergo ci preparava dei flan alla panna che erano davvero una delizia. Dopo colazione, mattina e pomeriggio come sempre dedicati alle ricognizioni del percorso e alla stesura delle prime note delle speciali. Poi la cena, prima di andare a provare in velocità strada e note con il sopraggiungere dell’oscurità, come si fa per ovvie ragioni di sicurezza: essendo il traffico aperto, sia pure in strade secondarie come quelle che solitamente sono teatro delle prove speciali, è sempre meglio regolarsi con i fari di chi ti viene incontro per evitare sgraditi “frontalini”.
Ebbene, in tutto il ristorante quella prima sera eravamo solo in quattro: Bebo e io e altri due ragazzi, uomo e donna, che dubitammo subito essere Bettega e sua moglie Isabella, visto che all’esterno era parcheggiata tra le altre una A112 “preparata” dal genovese Albanese e pure quella con le insegne della Grifone del dottor Luigi Tabaton, il papà di Fabrizio. Erano loro e anzi furono proprio loro, Attilio e Isabella, ad avvicinarsi a noi a fine cena e a presentarsi. Tra l’altro erano convinti -ci dissero- che fossi io Gasole e Bebo invece il navigatore Coco. Non ricordo chi, forse proprio Bebo, propose poi di andare insieme a provare. Fu l’inizio di una solida abitudine che andò avanti per tutto il campionato e di una vera amicizia. Sempre insieme a provare con Attilio e Isabella o talvolta con Andrea Albertoni, il suo grande amico che Attilio “ingaggiava” quando sua moglie, per un motivo o l’altro, non poteva essere al suo fianco. L’ultimo giro di perlustrazione e prova era uso farlo con le macchine da gara anziché con quelle a noleggio o con i “muletti”, come definivamo le auto magari personali che ci si portava dietro nelle trasferte corsaiole. E così, per l’ultima notte di prove, tutti e quattro lasciammo l’albergo a bordo delle A112.
Arrivati allo start di una delle diverse prove speciali, decidemmo che saremo andati avanti noi, Bebo e io, e che Tilio e Isa ci avrebbero seguito poche decine di secondi dopo. Una stradina molto stretta ma asfaltata, come detto, e anche piuttosto veloce. C’era un lungo rettilineo, al termine del quale la stradina si biforcava: un tratto a destra in leggera discesa, un altro a sinistra in leggera salita ma con un accenno di curva comunque veloce, da prendere in pieno o quasi. In mezzo, a separare quelle due stradine, un fienile o qualcosa del genere. Dovevamo andare a sinistra, con una nota che se non ricordo male recitava così: “Al fienile Sinistra Veloce”. Bebo era riuscito a scaricare tutta la terza e a inserire la quarta (penso a circa 120/130 orari) quando ebbe un attimo di esitazione, con qualche dubbio su quella Sinistra Veloce (che prevedeva piede tutto giù, al massimo con una breve alleggerita) e per evitare guai si gettò nella stradina di destra, apparentemente più abbordabile a quella velocità, delimitata proprio dalla mia parte, sulla destra, da una staccionata di legno, alta non più di un metro e con due grossi pali in orizzontale, sorretti da qualche paletto verticale di sostegno. Ebbene, evidentemente eravamo troppo veloci anche per quella stradina secondaria, tanto che la macchina scivolò sul bordo strada: vidi venirmi incontro a tutta velocità la punta del palo sovrastante, quello più o meno all’altezza della mia faccia. Mi coprii il volto con un braccio ma il palo per fortuna colpì il montante della A112, peraltro protetto dal discendente d’acciaio del roll-bar, limitandosi -lo scoprimmo poco dopo- a causare una grossa ammaccatura allo stesso montante. Dieci centimetri più a sinistra avrebbe sfondato il parabrezza e forse anche la mia faccia! Bebo fece appena in tempo a inserire la prima e a mettersi in una posizione più sicura che si bloccò accanto a noi anche Attilio che ci seguiva e che dunque era riuscito solo per un pelo a evitare di finirci addosso. Anche lui, comunque, aveva evidentemente avuto la stessa, identica esitazione di Bebo. Quella curva non era da prendere in pieno. Un incidente davvero analogo a quello che quasi 50 anni dopo, ad aprile di questo 2023, in Croazia è costato la vita al 33enne irlandese della Hyundai Craig Breen, uno dei più bravi del WRC. Gli è successo esattamente quello che successe a me, anche se sull’altro sedile dell’auto: anche lui è uscito di strada, una delle tante uscite banali nei rally o nelle relative prove, senza grosse conseguenze né per la macchina né per i suoi occupanti. Stavolta però il palo di legno di una staccionata, entrato nell’abitacolo attraverso il finestrino lato guida, ha colpito il pilota in pieno volto, causandone addirittura la morte! Ho visto le immagini di quella staccionata e mi sono gelato: mi ha ricordato la “mia” staccionata di 46 anni fa! Quando si dice il destino: a me andò bene; a lui -e mi dispiace molto anche perché ero un suo fan- decisamente no..!!
La nostra macchina comunque, al di là della descritta ammaccatura, era sana e salva, integra. E quindi l’indomani potemmo prendere il via della gara. Dopo poche prove, forse addirittura in trasferimento, fummo però costretti al ritiro per la rottura dello spinterogeno. Le spazzole si erano addirittura polverizzate come mi disse Bebo dopo aver sollevato la calotta fumante. Chissà quale fu l’origine di quel singolare guasto?! Chissà se c’era stato un qualche legame con quella botta del giorno prima?!
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